19 gennaio 2016

E’ arrivata la sveglia

E’ almeno dalla fine degli anni ’80 che le cose si sono incanalate in questa direzione. Era il periodo dove le parole “sviluppo”, “crescita”, “progresso” venivano pronunciate da amministratori tanto boriosi quanto incompetenti. La trasformazione di un piccolo borgo alle porte di Roma in periferia metropolitana è iniziata così. Certo, l’espansione edilizia non è stata accompagnata dai promessi vantaggi per la piccola economia locale – esclusi i pochi che si sono arricchiti con le speculazioni fondiarie – e paradossalmente il livello e la qualità dei servizi si è persino ridotta, così come gli esercizi commerciali quasi completamente scomparsi dal centro storico. A fronte di una popolazione triplicata è diminuito il numero dei dipendenti comunali, i servizi e le infrastrutture sono rimasti pressoché invariati e in alcuni casi sono diventati inadeguati per le nuove esigenze e tutte le nuove zone hanno criticità enormi. La politica edilizia ha tenuto principalmente conto delle esigenze dei costruttori e non si è preoccupata di rispettare una corretta pianificazione urbanistica. Spesso sono stati realizzati immobili con destinazioni d’uso reali difformi da quelle risultanti sulla carta (locali commerciali inseriti all’interno di civili abitazioni, garage sulla carta ma soggiorni di fatto, ecc.). Tutte cose piuttosto note e che è difficile immaginare che gli amministratori ignorassero. Né si erano mai preoccupati del fatto che gli immobili venissero venduti tranquillamente ancorché privi del certificato di agibilità, tema sul quale avevo inutilmente cercato di sollecitare l’amministrazione in passato. Siamo andati avanti per oltre vent’anni in una situazione in cui la svendita del territorio non stava neppure portando un ritorno in termini di entrate per le casse comunali, né per gli oneri di urbanizzazione (scomputati a favore di opere fantasma) né per le tasse sugli immobili (almeno in misura sufficiente a coprire l’aumento dei costi dei servizi).
E probabilmente le cose sarebbero andate avanti ancora così se – sempre grazie all’incapacità di chi amministra – non ci fossimo trovati, a seguito del sequestro dei depuratori (inadeguati a far fronte all’enorme aumento della popolazione), un debito da pagare di diversi milioni di euro e ad un passo dalla bancarotta. A questo punto l’Amministrazione si è accorta che l’unica soluzione era quella di ricordarsi che esiste un patrimonio immobiliare sul quale l’imposizione fiscale era stata, come dire, trascurata. In fretta e furia si è dato mandato ad una società per fare quello che non era stato fatto in vent’anni e per recuperare più soldi possibile (la corsa di fine anno era motivata dall’esigenza di includere l’anno 2009). Peccato che, a far e in fretta, le cose non riescano particolarmente bene e ci siamo trovati di fronte alla pioggia, all’acquazzone, alla bufera delle cartelle esattoriali. Secondo i dati forniti a Maurizio Spezzano, che è andato a d informarsi presso il comune, il numero delle lettere inviate ammonta ad oltre 9mila. In media una e mezza a labicano, compresi i neonati. L’importo complessivo che il comune ritiene di recuperare è di quasi 12 milioni di euro. In sostanza, sempre contando anche i neonati, in media ogni cittadino labicano avrebbe un debito di 2mila euro verso il comune. Sarebbe un vero e proprio evasore. E non lo diciamo noi, per fare terrorismo, come afferma la precisazione del sindaco, che quando si vergogna di quello che combina non mette nome e cognome in calce al comunicato istituzionale.
Le frasi del primo comunicato dell’amministrazione sono abbastanza chiare. Si parla di un “accertato e apprezzabile livello di evasione”. E, poche righe dopo, si chiede che i cittadini “comprendano di aver agito non solo contro la legge ma anche a danno della comunità di cui fanno parte”. Non è stata quindi l’amministrazione a creare le premesse per una situazione di così ampia portata, ma i cittadini che agiscono contro la legge. Salvo poi affermare che la stragrande maggioranza dei cittadini sono persone oneste e coscienziose. Quindi rimane da capire come è possibile che in una comunità di 6mila anime, vi sia una minoranza così irrispettosa della legge da riuscire a ricevere ben 9583 avvisi di pagamento.

La seconda comunicazione è altrettanto interessante. L’intento è quello di tranquillizzarci e di questo siamo tutti molto lieti. Il presupposto è che le banche dati del Comune (amministrato da loro dal secolo scorso) “non sempre sono aggiornate” (eufemismo per dire che non ci stanno capendo nulla), che “si è provveduto ad annullare e rettificare diversi provvedimenti viziati da errori” e che “sono in corso di notificazione numerosi atti di annullamento degli avvisi precedentemente notificati”. Insomma vi è arrivata una roba da pagare, ma può darsi che non la dobbiate pagare. Forse vi arriverà una notifica di annullamento o forse no. Ma, insomma, devo pagare? Boh! Non si sa. L’unica cosa certa è che chi lavora dovrà prendere un giorno di ferie o di permesso per andare a cercare di capirci qualcosa. Immancabile, al termine della comunicazione, l’ormai abituale intimidazione nei confronti di chi osi criticare sua maestà, con la rituale minaccia di denuncia alla Procura della Repubblica. Perché chi amministra ha il pieno diritto di essere un pessimo amministratore, ma chi viene amministrato non ha alcun diritto di farglielo notare.

Nessun commento:

Posta un commento

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura