12 agosto 2014

Cosa c'entrano i bambini?



Oggi  è  il 70° anniversario della terribile strage di S. Anna di Stazzema. 70 anni fa i soldati tedeschi, con l’aiuto dei fascisti italiani, uccisero brutalmente 560 persone, tra cui 130 bambini. L’anno era il 1944 e l’Italia era in guerra. Uccidere era la norma. Per decidere che quell’eccidio era un crimine (contro l’umanità) sono stati necessari 60 anni. Già perché noi umani abbiamo anche la pretesa di credere che possano esistere delle regole in quel gioco disumano che chiamiamo “guerra”. Senza pensare che a giudicare le eventuali violazioni saranno i vincitori del conflitto, i quali useranno, per forza di cose, pesi e misure ben diversi da quelli che avrebbero usato gli sconfitti a parti invertite. Del resto l’attentato di via Rasella non era forse – agli occhi degli occupanti – un vile attentato terroristico? E la rappresaglia (ossia l’eccidio delle fosse ardeatine) non era una esemplare giustizia punitiva? Se la Germania avesse vinto il conflitto chi avrebbe giudicato i due episodi? E con quale verdetto? C’è forse bisogno di ricordare un altro massacro, quello di Sand Creek, in memoria del quale Fabrizio De André scrisse una delle sue più belle canzoni, per capire quanto sia importante essere dalla parte del vincitore per stabilire se sia stato commesso un crimine?
Avventurarsi in complessi confronti non è semplice e probabilmente non è necessario. E’ importante però ricordarsi del passato per giudicare il presente. Quando si parla della Palestina, ad esempio, si dà per scontato che tutte le ingiustizie commesse da Israele siano ormai “archiviate” (attacchi, occupazioni, deportazioni, ecc.), quindi si giudicano i fatti a partire da adesso (magari dimenticando le numerose, quanto timide, risoluzioni ONU). Se Hamas lancia un razzo è “giusto” che Israele reagisca, anche bombardando le civili abitazioni, trucidando civili innocenti, massacrando bambini. E’ il cosiddetto diritto alla difesa. Che diventa l’alibi per il più forte per massacrare il debole e l’indifeso (stiamo parlando della popolazione civile).
Non si possono cercare giustificazioni per gli attacchi di Hamas e il quadro è talmente intricato che sarebbe difficile trovare un modo per ricomporre una situazione in cui si sono accumulate ingiustizie su ingiustizie, ma lo strapotere militare israeliano (che gode anche dell’appoggio incondizionato di molti paesi occidentali) non lascia dubbi su chi avrebbe (volendolo) la possibilità di intraprendere sul serio la via della pace. La disparità tra le forze in campo è enorme e la risposta agli attacchi è sempre di gran lunga superiore all'entità ed alla pericolosità degli attacchi stessi, con la consapevolezza che il bersaglio è la popolazione civile. Ed ogni volta, in nome della difesa e della giustizia, si perpetra qualche nuova ingiustizia e si alimenta nuova disperazione e nuovo odio, portando ancora linfa ai conflitti. Il paradosso è che, in passato, la soluzione a questo genere di conflitti si è avuta prevalentemente grazie allo sterminio (come per alcuni popoli sudamericani) o alla completa sottomissione (come i nativi nordamericani). Certo, all’epoca non c’era l’ONU, che, pur con i suoi troppi limiti, rappresenta comunque un luogo dove si cercano di conciliare le contrapposizioni e le tensioni del panorama internazionale.

Resta il fatto che per chi governa la soluzione più semplice, più pratica, più immediata è quella del ricorso alla violenza e all’orrore. Già la guerra in sé è un crimine ed una resa della ragione, ma una guerra che vede come obiettivo chi, come i bambini, è “innocente” per definizione, è qualcosa di davvero abominevole. Ed è abominevole e ipocrita ogni tentativo di giustificare scelte criminali. A Sant’Anna di Stazzema come alle Fosse Ardeatine, a Sand Creek come a Gaza.

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