31 ottobre 2012

Due o tre cose su Di Pietro e Travaglio


Quando leggo i giornali cerco sempre di non perdermi gli articoli dei giornalisti che stimo e dei quali so che, con molta probabilità, condividerò l’opinione e l’analisi. Faccio un paio di nomi: Michele Serra e Marco Travaglio. Sono due straordinari giornalisti. Spesso mi capita, soprattutto con l’amaca di Serra, di leggere esattamente il mio pensiero, scritto – decisamente meglio – da qualcun altro. In questi casi mi sento combattuto tra il piacere di questa “sintonia” e il timore di perdere (o aver perso) la mia autonomia di pensiero. E’ Serra che la pensa come me o sono talmente influenzabile dal fare mie le sue opinioni? Quando capita, quindi, di non trovarmi d’accordo mi sento sollevato. Ah. Meno male. La mia indipendenza è salva. A salvare il mio ego oggi è stato l’editoriale di Travaglio sulla vicenda Di Pietro. L’analisi di Travaglio mi è sembrata un po’ debole, nonostante la sua proverbiale bravura nell’usare la penna, ed influenzata da una sorta di pregiudizio positivo nei confronti di Di Pietro.
La tesi di Travaglio sta prevalentemente nel circoscrivere gli episodi in cui è coinvolto Di Pietro al solo ambito giuridico, evitando, o quasi, di dare un giudizio etico o politico a comportamenti di per se discutibili proprio sotto questo aspetto. Spero che finisca presto questa situazione in cui il principale discrimine di valutazione “politica” è il codice penale, archiviando come marginale tutto ciò che non abbia rilevanza penale. Non può e non deve essere così. Un elettore dell’Italia dei Valori – come di molti altri partiti, a parte Forza Italia – si aspetta qualcosa di più, spero, del semplice rispetto delle leggi. Perché anche aggirare le leggi è lecito e, in caso di indagini, la magistratura sarà costretta ad archiviare.
Faccio un esempio molto pratico. Il finanziamento pubblico dei partiti, nel momento in cui viene erogato ed entra nella disponibilità delle forze politiche, diventa soggetto a norme di tipo privatistico e sarà il partito a decidere come spendere quei soldi. Se, per ipotesi, la Lega Nord decide di pagare macchina e autista al figlio del segretario del partito, non è che ci si possa fare molto. Se sta bene alla dirigenza, agli iscritti e agli elettori che con i soldi pubblici si scarrozzi il pupo del capo, nulla da eccepire. Almeno sul piano giuridico. Lo stesso discorso vale per alcune delle operazioni fatte da Di Pietro. Le quali, come ha evidenziato Travaglio, sono probabilmente tutte legittime, ma rimangono decisamente discutibili – almeno dal mio punto di vista - sul piano dell’opportunità. E il giustificazionismo di Travaglio proprio mi sfugge. Proprio lui che, per dare forza ai numeri mette sullo stesso piano indagati, imputati e condannati. A prescindere dal reato, come se si potesse considerare allo stesso modo un condannato in via definitiva per mafia e, ad esempio, il sottoscritto che è stato sottoposto ad indagine per “stampa clandestina”e per “diffamazione”.  In questo caso invece si tiene conto solo dell’esito di alcuni procedimenti penali che hanno visto imputato Antonio Di Pietro. E dai quali è uscito candido come la neve.  Perfetto. Sono contento per lui. Anche sulla questione della donazione Di Pietro ha scelto – legittimamente – di intascarsi i soldi (del resto non aveva un partito a cui darli). Lo stolto è stato Romano Prodi che, pur non avendo un partito, ha girato le risorse alla coalizione che poi l’avrebbe sostenuto (Prodi si è candidato nel 1996, un anno dopo la donazione). Così come non c’è nulla di illecito nel far gestire tutte le risorse del partito ad una triade composta da marito, moglie e l’amica di famiglia. Proprio nulla. Anzi, in questo modo si circonda di persone di assoluta fiducia. Del resto è vero che quando ha provato a riporre fiducia in altri è andato incontro a molte delusioni. Penso a De Gregorio, Scilipoti, Maruccio, Razzi. La differenza tra me e Travaglio sta tutta qui. Per lui l’unico peccato, veniale, di Di Pietro sono state queste scelte e, forse, la poca trasparenza. Per me un partito incapace di scegliere la propria classe politica e privo – in sostanza – di una vera democrazia interna, non è esattamente l'ideale. Sarò choosy, ma sono convinto che si possa fare di meglio.

Nessun commento:

Posta un commento

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura