2 settembre 2012

Sensazioni, suggestioni e intimidazioni


“Suggestive accuse”. Questo il lapidario giudizio sulla nostra articolata relazione di 12 pagine relativa alla vicenda “depuratori”, espresso in una lettera inviata a noi e al sindaco di Labico dalla “SIL SCARL” (e sul mittente torniamo dopo) . Suggestive, sì. Indubbiamente suggestive. Probabilmente noi, Maurizio e Tullio, ci siamo lasciati suggestionare. Magari da un sistema fognario che da anni fa acqua da tutte le parti (acqua è una metafora, in realtà fa ben altro). O forse dal fatto che il depuratore evidentemente non ha mai funzionato come si deve. O magari ci siamo lasciati condizionare dal semplice fatto che la magistratura ha disposto il sequestro dei due depuratori e chiesto il rinvio a giudizio di cinque persone. E probabilmente ci lasceremo impressionare ancora un po’ quando arriveranno le salatissime bollette che si renderanno necessarie per sanare i debiti derivanti da questa situazione, o forse quando scopriremo che i beni immobiliari del comune (e quindi nostri) saranno ceduti ai privati, sempre per far quadrare i conti. Sì, allora, sì. Siamo stati annebbiati da questo clima di suggestione.
Ma, proviamo ad andare con ordine e cerchiamo di interpretare il senso della missiva che abbiamo ricevuto. Sorvoleremo sull’uso molto piuttosto spigliato della lingua italiana e cercheremo di soffermarci sul “senso” (un parolone, in questo caso) delle affermazioni contenute. In primo luogo la ditta SIL SCARL afferma che loro scaricano in un fosso e non sul suolo. Sembra una buona notizia, però non tiene conto di due aspetti. Il primo è che non è affatto in discussione che Centogocce sia una fosso. Il problema è capire se sia un corpo idrico oppure no e la definizione di corpo idrico non è una questione geografica, ma normativa. E la legislazione vigente (d.lgs. n. 152 del 2006) stabilisce che un corpo idrico per essere definito tale deve avere una portata significativa per almeno 120 giorni all’anno, altrimenti viene classificato come suolo. Non lo diciamo noi e neppure il magistrato. Lo dice una legge dello Stato. Il secondo aspetto è contenuto nella stessa lettera che abbiamo ricevuto (nello stesso capoverso in cui si afferma proditoriamente che Centogocce è un fosso) e nella quale si asserisce che Centogocce “è asciutto per più di 120 giorni all’anno”, ammettendo implicitamente (se si conoscono le leggi) che non può quindi essere considerato corpo idrico, ma suolo e, di conseguenza, i valori tabellari degli scarichi diventano altri. Una robusta zappata sui piedi.
Il secondo aspetto nega che vi sia stato uno smaltimento illecito dei fanghi. Un’altra possibile buona notizia. Però non va spiegato solamente a noi, ma alla magistratura, perché è nell’ambito del procedimento penale sui diversi reati ipotizzati (scarico illecito di liquami, gestione illecita di rifiuti, frode) che è stata messa in dubbio la correttezza del comportamento nel trattamento dei fanghi. Noi abbiamo solo riportato i fatti per informare l’opinione pubblica e abbiamo cercato di ricostruire – carte alla mano – l’intera, complessa, vicenda.
Il terzo aspetto riguarda l’accusa di “frode” nei confronti dell’amministratore e del direttore della SIL SCARL, che nella lettera si respinge con forza, sostenendo che tutto veniva effettuato con regolarità. I dubbi, anche in questo caso, sono venuti al Corpo Forestale dello Stato prima, ai tecnici dell’ARPA poi e, infine, al pubblico ministero che ha condotto le indagini. Una manica di buontemponi che, non avendo niente di meglio da fare, ha prodotto una corposa documentazione sui presunti illeciti commessi nella gestione delle acque reflue e dei fanghi di depurazione. Se le cose non stanno così la ditta SIL SCARL farà bene a dimostrarlo, non tanto a noi, che ci siamo limitati a riportare quello che stava succedendo, quanto ai diretti interessati, i quali – ne siamo certi – saranno interessatissimi alle loro spiegazioni, ma temiamo che non si accontenteranno di frasi del tipo “io non c’ero e se c’ero dormivo”.
La lettera chiude con l’immancabile formula intimidatoria nei confronti di chi osa sfidare il potere: la minaccia di richiesta di risarcimento in sede civile. E’ ovvio che le forze in campo sono piuttosto sbilanciate, da una parte c’è chi fa profitto e dall’altra c’è qualcuno che, in maniera del tutto gratuita e volontaria, si dedica alla collettività. Il messaggio, nemmeno troppo velato, è che è meglio farsi gli affari propri. Il paradosso è che la ditta SIL SCARL si sente parte lesa e non esclude che possa chiedere a noi (Berlenghi e Spezzano) i danni. Danni per cosa? “Danni da reato”. Sembra una barzelletta: Di tutti i gravissimi reati ipotizzati dalla magistratura si sono perse le tracce. Ad un certo punto ciò che sembra essere imperdonabile è solo il fatto di averne fatto pubblica menzione. Uno spettacolare capovolgimento della logica e del buonsenso. Ah! Dimenticavamo. La lettera è firmata con uno scarabocchio sotto l’acronimo SIL SCARL. Anche qui è questione di stile. C’è chi mette la propria faccia nelle battaglie per la trasparenza e la legalità e c’è chi la propria faccia preferisce nasconderla dietro una sigla. E forse è una vera buona notizia: in fondo, ma proprio in fondo, un po’ di imbarazzo per aver scritto quella lettera devono averlo provato.

Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano

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