26 settembre 2012

Prediche appassionate da pulpiti improbabili


E’ insopportabile questa corsa a smarcarsi da tutto e da tutti. A sentire le dichiarazioni di autorevoli esponenti politici c’è da rimanere sconcertati. Fanno un po’ tutti finta di non conoscersi. Parlano male gli uni degli altri. Le accuse e le invettive volano. I più furbi stanno zitti, sperando che nessuno li noti (e li butti nel calderone).  E nel frattempo si apre una ridicola gara a chi è (o almeno si sente) più puro degli altri. Ascoltare la Polverini in versione “grillina” a lanciare anatemi contro la malapolitica del “suo” consiglio regionale lascia esterrefatti. Per non parlare di Berlusconi che tuona contro gli usi impropri della poltica. O della Santanché che dà del maiale a Fiorito. No, dico, ci sarà un limite al ridicolo. Che si debba riformare la politica è chiaro ed evidente, ma che a farlo siano più o meno le stesse persone che hanno determinato quel sistema o, per convenienza, a quel sistema si sono facilmente adattate non è credibile. Ma il problema non si risolve certo sostituendo le prime file dei partiti – come Alfano sta proponendo – con un personale politico non diverso culturalmente, ma semplicemente iscritto alle liste di attesa del potere: le seconde file, i quadri, i portaborse, ossia gli stessi pronti a ricevere una dirigenza, una presidenza, un posto in qualche consiglio direttivo. Dove sarebbe il cambiamento? In realtà sarebbe come dare una mano di vernice fresca ad una parete ammuffita; nell’arco di breve tempo la muffa prenderebbe il sopravvento. Certo, gli impresentabili – e non sono pochi – è meglio che se ne stiano a casa, ma bisognerebbe avere il coraggio di cambiare molte cose. E non ci si può riuscire – realisticamente – in pochi mesi. Però sarebbe utile dare dei primi segnali. A cominciare dall’introduzione di incompatibilità vere tra ruoli. Cosa che non si è mai voluta fare concretamente, perché la forza della casta dipende molto dalla capacità di accaparrarsi incarichi di vario tipo. Consiglieri regionali o deputati non dovrebbero poter fare i sindaci o gli assessori comunali. Invece, con la scusa di riformare la politica in nome del taglio dei costi, alcuni doppi incarichi si “impongono” con legge. E’ il caso della provincia, i cui consiglieri potranno essere eletti solo tra i consiglieri comunali. Io diffido di quelli che sono contro il sistema solo perché sono fuori dal sistema. Non ho nessuna garanzia che, una volta dentro, si comporteranno meglio. Lo dimostrano i leghisti che esibivano il cappio contro la corruzione e che hanno sperperato in modo ignobile i soldi del partito (in modo forse lecito, ma comunque vergognoso). Lo dimostra Fiorito che ha dichiarato di essere stato uno di quelli che lanciavano le monetine a Craxi. Fiorito, all’epoca, era dunque un “moralizzatore” della politica. Per non parlare del direttore delle poste “pusher” che, poco prima di essere arrestato, twittava veleno contro la casta e la corruzione. Non lasciamoci abbindolare da chi urla di più la propria indignazione, come sta facendo, ancora adesso, proprio Renata Polverini, che continua ad accusare tutto e tutti, come se non fosse stata al vertice di un sistema marcio, del quale – nella migliore delle ipotesi – non è stata capace di accorgersi. In nessuno dei due casi, connivenza o inconsapevolezza, può essere giustificata. Nel primo per ovvie ragioni e nel secondo perché denota inattitudine a svolgere un ruolo così importante.
Allora bisogna provare a ricominciare, ma proponendo un mutamento concreto, mentre la sensazione è che partiti e raggruppamenti stiano ragionando con i soliti, triti e consunti, schemi della politica: candidature, alleanze, accordi, assessorati, controllo del potere. Se queste sono le premesse non cambierà molto e chi ha bisogno dei “favori” della politica dovrà solo cambiare referente. Voglio sperare che chi si candiderà alle prossime elezioni sia portatore di una proposta differente, basata ovviamente sui contenuti – e io auspico politiche di tutela del territorio, di lotta alle diseguaglianze sociali, di interventi decisi sulla mobilità sostenibile, di revisione del modello di sviluppo, ecc. – ma, in primo luogo, su meccanismi che consentano di ridurre le barriere tra il palazzo e i cittadini. E la prima operazione deve essere quella della trasparenza. Una trasparenza vera, con la pubblicazione di tutti gli atti e la rendicontazione analitica di tutte le voci di spesa. Per tutti gli organi e gli enti istituzionali. Poi serve un’anagrafe degli eletti (i primi a proporla, e ad attuarla, sono stati i Radicali), che dovranno rendere conto del loro operato ai cittadini e informali su ogni possibile conflitto di interessi che li riguardi. Saranno in molti a non volerlo fare. E qualche furbo lo prometterà, ma poi si dimenticherà l’impegno assunto. Bisognerebbe che, a ricordarlo, ci siano i cittadini, che dovranno essere un po’ più vigili e dinamici che in passato. Meglio esercitare un controllo costante durante il mandato che lasciarsi andare a meste quanto inutili lamentele postume.

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