23 settembre 2012

La carboneria al potere


In fondo bisogna capirli. Provate voi a ritrovarvi ad amministrare un paese che avete mandato allo sfascio per la vostra inettitudine, per le vostre clientele, per la vostra arrogante incapacità. Provate voi ad andare in giro per una strada piena di buche (i lavori commissionati da?), a camminare su un marciapiede da terminare (l’appalto chi l’ha controllato?), passando davanti ad una scuola che cade a pezzi (i lavori pubblici, ah già) schivando a malapena un autospurgo pieno della produzione fecale dei vostri amati concittadini, dei quali ignoravate l’incomprensibile propensione a liberarsi dei prodotti della digestione (e che avete anche cercato di limitare con apposito provvedimento  sindacale). Eh. Duretta, vero? La maggior parte delle persone direbbe: “Ebbene sì, ho fatto un guaio dietro l’altro. E’ meglio che mi metta da parte”. Una persona normale, forse. Non chi ha una fatale attrazione per il potere, corroborata dalla consapevolezza che – attraverso il potere – si gestiscono piani regolatori, appalti, forniture, posti di lavoro. Affari, insomma. No, meglio patire un po’, ma rimanere saldamente incollati alla poltrona (Polverini docet).
Certo, ormai non ci crede più nessuno alla favola della buona amministrazione, anzi, come ebbe modo di dire l’ex sindaco – uno talmente affezionato al suo paese da aver fatto perdere le tracce -, del comune “virtuoso”. Già, talmente virtuoso da essere con i debiti fino al collo. Sulle cause dei debiti abbiamo già avuto modo di parlare e di conseguenza, poiché non hanno nessuna intenzione di far pagare i guai a chi li ha combinati (sarebbe masochismo), cerchiamo di capire dove si dirigerà la celebre cucurbitacea usata nella penisola ellenica per fare l’insalata. Ecco. Indovinato. A pagare non sono gli amministratori incapaci, che continuano senza pudore ad incassare il loro stipendio, ma anche i guai che causano, saranno – guarda la sorpresa – sempre i cittadini.
Il problema è come preparare il gentile dono senza dare troppo nell’occhio. Intanto si convoca un consiglio comunale - pare che sia un passaggio necessario (limiti della democrazia) – però meglio evitare di mettere l’aumento IMU sui manifesti e sul sito. Qualcuno potrebbe leggerlo e adombrarsi. Si fa finta di niente. Si mette un punto o due. Poi si integra l’ordine del giorno, mandando l’avviso solo ai consiglieri (quello proprio non si può evitare). Ovviamente – neanche a dirlo – si convoca (aggirando una legge dello Stato) il consiglio nell’orario peggiore per i cittadini (quelli che lavorano, qualcuno c’è) e il gioco è fatto. Fatto. No. Aspetta. “Questi” (i cattivi, che poi saremmo noi) hanno ‘sta fissa di riprendere le sedute. Ma che sei matto? Bisogna inventarsi qualcosa. Chiamiamo il segretario, con tutti i soldi che gli diamo (a onor del vero lo pagano i cittadini…) deve trovare una soluzione. Ecco. Lo statuto dei lavoratori. Eh? Sì, sì. Lavoratori? E noi che c’entriamo? Ah, il segretario è un lavoratore e noi dobbiamo tutelare il segretario. Giusto. Sì, ottimo. Che trovata.
Non contenti hanno poi orchestrato un’indimenticabile sceneggiata in cui facevano tutti finta di non far partire un registratore audio. Sì, esattamente. Un banalissimo registratore. Avete presente quello con stop, record e play? Uno di quei cosi che un bambino di otto anni te lo fa funzionare in tre secondi? Esatto. L’intera classe politica dirigente labicana coadiuvata dal segretario comunale non è stata in grado di far partire un semplice registratore. E così ecco che è improvvisamente saltata anche la registrazione audio del consiglio, tra l’altro deliberata nella scorsa consiliatura e la cui attrezzatura ci è costata anche diverse migliaia di euro. Ma loro sono fatti così, sono dei signori, non badano a spese, specie se i soldi non sono i loro, ma i nostri.
A parte l’idea dello scantinato (ma sarà per la prossima volta) i nostri carbonari, consapevoli della loro impresentabilità, sono riusciti a mettere a segno tutti i trucchi per ridurre al minimo l’impatto “mediatico” della loro stangata sui cittadini. Per farlo hanno calpestato tutto il calpestabile. Diritti, etica, ordinamento giuridico, principi della pubblica amministrazione. E forse, un po’, anche la propria dignità. Senza pensare che – a dare “trasparenza” a questa amministrazione – ci penseremo ancora una volta noi, come abbiamo sempre fatto negli ultimi cinque anni.

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