16 agosto 2012

Inguaribilmente sciatti: per caso o per scelta?


In un impeto autolesionista ferragostano ho dato un’occhiata al sito del comune e mi sono imbattuto nelle ultime delibere di giunta pubblicate. Ancora una volta ho potuto constatare la pervicace sciatteria con cui vengono redatti atti importanti, dai quali dipende il buon funzionamento della macchina amministrativa, i cui effetti riguardano tutti noi. La prima cosa che salta agli occhi è il mancato rispetto dell’ordine cronologico di pubblicazione. Ragion per cui la delibera n. 46, del 13 luglio, è stata pubblicata dopo la delibera n. 49, approvata il 26 luglio. La prima è stata pubblicata il 13 agosto (un mese dopo l’approvazione) e la seconda il 2 agosto (nemmeno una settimana dopo l’approvazione). Sciocchezze, si dirà. Mica possiamo stare qui a sindacare su ogni dettaglio marginale. Nella passata consiliatura ebbi già modo di imbarcarmi in un’accesa polemica con l’allora segretario comunale, anche lui troppo disponibile ad avallare alcune procedure al limite della correttezza. Il risultato fu che si trovò costretto ad annullare una delibera di giunta, con tanto di data e numero, ma “congelata” in attesa di non si sa bene quali elementi. Nella circostanza ero del tutto ignaro di cosa ci fosse dietro all’operazione, ma chiesi il rispetto di uno dei principi basilari dell’attività della pubblica amministrazione: la forma degli atti. E non per ragioni di mera apparenza stilistica, ma perché dietro ad ogni sciatteria possono nascondersi insidie ben più gravi e veri propri aggiramenti della legge. Ad esempio, col trucco della delibera datata e numerata, ma non pubblicata, è facilissimo scrivere la delibera “alla bisogna” sulla base di sopravvenute esigenze di carattere “politico”. In questo modo diventa, di fatto, possibile redigere atti amministrativi, non solo ad efficacia retroattiva, ma sui quali nessun cittadino farebbe in tempo ad esercitare eventuali diritti (ad es. l’impugnazione), perché semplicemente non ne avrebbe il tempo.
Un'altra “perla” che ho trovato riguarda una delibera approvata con due soli presenti: sindaco e vicesindaco. C’è, in primo luogo, un aspetto formale. Non c’era, in quella circostanza, la maggioranza dei membri della giunta. E il nostro statuto prevede che, per la validità delle deliberazioni di giunta, debbano partecipare tre membri della stessa. Certo, la legge ha imposto un taglio – sia di consiglieri che di assessori – ma, eventualmente, bisognerebbe adeguare lo statuto (e avrei comunque delle riserve) e non applicarlo o disapplicarlo a seconda della convenienza. Ma il vero nodo della questione non è formale, è sostanziale. Possibile che il nostro sindaco non sia riuscito ad individuare tre persone disponibili a svolgere in pieno il proprio mandato assessorile? E’ questo il senso di responsabilità di chi ci amministra? Nemmeno la fatica di partecipare alle sedute di giunta?
Tra l’altro la delibera in questione è di enorme importanza, visto che riguarda l’adeguamento del secondo depuratore (Fontana Marchetta). Siamo di fronte ad un appalto, affidato senza gara direttamente ad una ditta individuata secondo una non meglio precisata “ricerca di mercato”, sulla base di un’inesistente (almeno agli atti) proposta di una ditta, senza alcun riferimento sui costi dell’intervento. Il tutto ad opera di due sole persone: Alfredo Galli e Giorgio Scaccia. E non credo che sia un caso – sempre a proposito della forma degli atti – che manchi il visto di regolarità contabile dell’atto. Perché, tra le tante mancanze, l’elemento che sicuramente difetta alla delibera è la sua regolarità contabile. E non mi stupisce che il responsabile del dipartimento si sia guardato bene dall’avallare una simile mostruosità giuridico-amministrativa. In sostanza per sanare gli errori e le omissioni di queste persone stiamo lasciando che le stesse immarcescibili figure politiche individuino ed avviino le soluzioni.. Purtroppo i metodi e le procedure sembrano essere ancora gli stessi e, temo, anche i risultati.
Ma torniamo alla delibera “congelata” e notiamo un’altra pregevolezza. L’oggetto della delibera è l’estate labicana e l’assessore di riferimento è, ovviamente, Nadia Ricci. Si suppone, leggendo la parte introduttiva della delibera, che sia stata lei (e comunque il suo assessorato) a curarne il contenuto. E mai e poi mai, avremmo giurato, si sarebbe sognata di non partecipare alla seduta di giunta in cui si approvava l’estate labicana. Invece, a leggere il frontespizio della delibera, lei risulta l’unica assente. Salvo poi apporre la propria firma – in qualità di assessore di riferimento – in calce all’atto. Curioso, vero? So già che si dirà che c’è stato un “mero errore materiale” e che, come al solito, l’opposizione si aggrappa a qualsiasi pretesto pur di criticare l’operato della maggioranza. Troppo facile. La sensazione è che – con la presunzione di buona fede - questa superficialità sia troppo persino per il più sconsiderato degli sciatti. Poi, con un po’ di malizia, si può sempre pensare che dietro all’apparente casualità ci sia un disegno ben preciso. Quanto sarà agevole, infatti, celare imbrogli e irregolarità in una situazione in cui regna il caos più completo, dove ogni singolo elemento essenziale di un atto amministrativo (data, firma, oggetto, pareri, allegati) è potenzialmente errato, incompleto o mancante, dove spariscono i documenti e non si trovano i fascicoli, in cui persino gli assessori e i capidipartimento non si sa bene se ricoprono o meno l’incarico (memorabile l’assessore “fantasma” della scorsa consiliatura) e tutto viene gestito con disarmante pressapochismo? Abbastanza agevole. Anzi, molto. Forse troppo. Lo testimoniano le tante volte che le responsabilità di questa classe politica si sono trasformate in costi per l’intera collettività. Quando la percezione di quanto sia pesante il fardello che siamo costretti a sopportare sarà sufficientemente chiara, riusciremo a liberarcene. Non credo che manchi molto.

P.S. - Si vocifera che la candidatura e la nomina di Mirko Ulsi siano legate all’esigenza, tutta personale, di un trasferimento. Spero che si tratti di amene chiacchiere di paese, ma se così fosse sarebbe un gravissimo (anche se non certo isolato) utilizzo improprio e “privato” della pubblica amministrazione. Chi svolge l’incarico di assessore (incarico retribuito, peraltro) dovrebbe mettersi a disposizione a tempo pieno per la collettività, non tanto per l’indennità percepita, quanto per la grande responsabilità che ci si assume di fronte alla propria cittadinanza. Prendere un incarico e disinteressarsi dell’onere che implica è un comportamento che tradisce la fiducia dei propri elettori e di tutto il paese. Speriamo quindi che così non sia e che il nostro giovane assessore cambi rotta e svolga il proprio ruolo con la dedizione e l’impegno che merita, fino alla fine del mandato. Una sua eventuale sostituzione a trasferimento avvenuto avrebbe il sapore di un oltraggio alla correttezza e al buonsenso e mi auguro che nessun aspirante assessore intenda prestarsi a equivoche manovre di potere.

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