Vorrei cominciare con alcune
ovvietà: la neve provoca disagi; se nevica tanto e fa tanto freddo i disagi
possono aumentare; dove abitualmente non nevica (e quindi non si è preparati) la situazione non può che
peggiorare; avere tempestive informazioni permette di ridurre i disagi; sia la
prevenzione sia gli interventi costano; una buona organizzazione, sia della
prevenzione sia della fase emergenziale, ottimizza risorse umane e mezzi.
Credo che sia difficile trovare
qualcuno disposto a contestare l’elenco – di gran lunga incompleto – delle
ovvietà che si potrebbero pronunciare in tema di emergenza neve. Eppure in
molti in questi giorni siberiani – da chi ha specifiche responsabilità ai
semplici cittadini – non le ha prese in considerazione. Iniziamo a considerare
l’ovvietà delle “tempestive informazioni”. Una settimana prima che arrivasse
l’ondata di maltempo erano state preannunciate le peggiori perturbazioni invernali
(per intensità e temperature) degli ultimi 27 anni. Non robetta, quindi. E,
così come la notizia è arrivata alle orecchie di tutti i cittadini, sarà
arrivata anche a sindaci, prefetture, sale operative della polizia e dei
carabinieri, alla protezione civile, alla società autostrade, alle ferrovie,
ecc. ecc. Si saranno preparati nella maniera più adeguata? Direi di no. A
cominciare dall’atto irresponsabile con cui la società autostrade ha deciso
semplicemente di chiudere alcuni tratti, senza preoccuparsi minimamente delle
conseguenze e senza che nessuno se ne facesse adeguatamente carico.
Si è convogliato un flusso
veicolare enorme (quello di un’importantissima arteria viaria come la A1, a tre
corsie e con la corsia di emergenza) su una consolare ad una corsia e che –
prevedibilmente – aveva gli stessi problemi meteorologici. “Autostrade per
l’Italia” è sostanzialmente un soggetto privato che ha in concessione una rete
stradale. E, da buon privato, la società Autostrade pensa al profitto. In una
giornata di maltempo, con ingenti risorse da spendere per rendere transitabile
l’autostrada, è molto più conveniente chiudere la baracca e buonanotte ai
suonatori. Questa decisione con chi sarà stata concordata? Con la prefettura?
Con la polizia stradale? L’unica cosa certa e che tutti erano in grado di
sapere è che centinaia di camion e autovetture si sarebbero riversate su
un’arteria del tutto inadeguata a sopportare un carico aggiuntivo in condizioni
già critiche. E il conseguente blocco era un rischio estremamente alto. Con un
briciolo di buonsenso chiunque – non un preclaro esperto di viabilità – si sarebbe
reso conto che se le condizioni meteo non erano tali da consentire il transito
sull’autostrada dei mezzi pesanti, a maggior ragione gli stessi mezzi non
sarebbero riusciti a passare in una consolare. A quel punto i responsabili
avrebbero dovuto mettersi intorno ad un tavolino e dire: “che facciamo?”.
L’unica risposta possibile era: troviamo il modo di fermare i mezzi pesanti
(con pochissime, motivate, deroghe) in maniera razionale (aree di servizio,
aree di sosta, ecc.) dove poter prestare anche eventuale assistenza. Nel
frattempo si lavorava per rendere percorribili le strade. Non è stato fatto e
la via Casilina è rimasta bloccata per quasi 24 ore, lasciando isolato il paese
di Labico. Questo colpo di genio ha fatto sì che non solo non riuscissero a passare
i TIR, ma che a Labico non riusciva ad arrivare neppure l’ambulanza.
Un’altra considerazione la
meritano altre ovvietà. C’è molta gente che pensa di non dover rinunciare
assolutamente a nulla delle proprie abitudini e “pretende” che tutto debba
svolgersi con regolarità, anche in situazioni oggettivamente particolari. Se il
meteo mi avvisa con qualche giorno d’anticipo che arriverà un’ondata
particolarmente intensa di maltempo sarà meglio che annulli la lezione di salsa
e merengue a 18 km di distanza. La mia auto (senza catene e con gomme normali)
in mezzo alla strada diventerà un problema in più da risolvere. In questi casi
la tendenza diffusa è di prendersela con le autorità competenti. Le quali, a
dire il vero, spesso ce la mettono tutta per dimostrarsi autorità incompetenti,
ma alle quali non possiamo accollare anche le responsabilità che non hanno. Ed
è facile immaginare che in posti dove la neve non arriva quasi mai non si
investa a sufficienza su una prevenzione che sarebbe troppo onerosa per le esigue
casse dei bilanci comunali. Magari sarebbe opportuna la manutenzione del verde
e delle alberature (che si sono rivelate un problema importante), ma anche lì
bisogna affrontare decenni di inerzia e la convinzione che gli alberi siano
solo un problema da eliminare (e adesso è arrivato anche un ottimo pretesto)
per fare spazio a nuovo cemento.
Dove si è sbagliato dunque.
Intanto nell’organizzazione. A Labico il sindaco si è dato abbastanza da fare,
mentre i pochissimi volontari della protezione civile hanno fatto un lavoro
enorme, ma certo è mancata un’adeguata organizzazione. Una vera e propria unità
di crisi si è costituita con grande ritardo, ma poco o nulla è stato fatto in
termini di organizzazione preventiva. E i risultati si sono visti. Nessuno pretendeva
che ci fossero chissà quanti mezzi specifici di intervento, ma – in un paese
dove ancora sopravvive un pochino di economia agricola - sarebbe stato molto
utile fare, con qualche giorno di anticipo, un monitoraggio sulla disponibilità
di trattori, pale meccaniche, motoseghe, e altri attrezzi. Per non parlare
delle persone, molte delle quali, se coinvolte e informate, sarebbero state
pienamente disponibili a fare la propria parte per risolvere i problemi. Un
approccio di questo tipo servirebbe anche a ritrovare un senso della comunità
che si sta drammaticamente smarrendo, mentre, al contrario, si è potuto
assistere ad episodi non certo lodevoli, in cui ha prevalso l’egoismo. Se penso
che ci sia poco pane dovrei comprarne un po’ meno del solito e non molto di più
col rischio di buttarlo tra due giorni e con la certezza che qualcuno rimarrà
senza. Purtroppo molte delle persone che hanno avuto un ruolo di responsabilità
in questa vicenda – a tutti i livelli – non sono stati all’altezza. In alcuni
casi, come nel caso del sindaco di Labico, che è stato presente e attivo per
molte ore, non si può negare l’impegno profuso, ma indubbiamente è mancata una
capacità generale di organizzazione e di coordinamento da parte degli attori
interessati. Non si possono lasciare per ore nel gelo della notte 180
passeggeri su un treno fermo perché nessuno ha informato nessuno e le molte
persone che poi si sono prodigate per portare un po’ di aiuto lo hanno saputo
troppo tardi. I pochi mezzi e le poche persone della protezione civile sono
stati talvolta impegnati in azioni che hanno portato via loro tempo ed energie,
quando sarebbe stato più logico risolvere le questioni con un pizzico di
buonsenso e con un po’ di altruismo e generosità. Un esempio di pura fantasia. Se mio figlio di
pochi mesi ha bisogno del latte e io non posso uscire vorrei poter contare
sulla solidarietà dei miei vicini e non dover chiamare il 118. Altrimenti il
sistema – già in affanno – va completamente in tilt. E se il vialetto di casa
mia è pieno di neve chiamo i miei vicini, raduniamo gli attrezzi da giardino e
cerchiamo di fare la nostra parte. Si chiama senso di responsabilità e lo
dobbiamo avere tutti: cittadini, amministratori, volontari, forze dell’ordine.
Caro Tullio hai messo nero su bianco le "incazzature" di ogni Labicano..infatti se si fossero allertati tutti i "trattoristi" forse avremmo avuto meno disagi, anzi senza forse, saluti
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