25 novembre 2011

Un paese civile


Come si misura il livello di civiltà di un paese?  I parametri che si potrebbero utilizzare sono molti, ma indubbiamente al primo posto va messa la tutela della persona, del suo corpo e della sua dignità. E questo in modo imprescindibile. Per garantirlo non serve – o perlomeno non basta – un diffuso senso civico, serve un ordinamento giuridico che assicuri questo principio. Anche il peggiore dei delinquenti, nei sistemi legislativi più avanzati, gode di una piena tutela. Perché l’aver commesso un reato (o il dubbio di averlo commesso) non giustifica in alcun modo la privazione di questo diritto. In nessun caso.
Il nostro ordinamento ha però subito una vergognosa modifica che trasforma automaticamente in reato il solo fatto di “esistere” per alcuni esseri umani. Non importa se siano fuggiti da una guerra o da una carestia. Per la legge italiana adesso qualunque straniero si trovi “irregolarmente” nel nostro territorio è un criminale, per il quale non sono previsti né gradi di giudizio, né appelli. E così diventa più facile sfruttarli, ricattarli, minacciarli. E, se sono donne, stuprarle. Tanto come fa la vittima a denunciare l’ingiustizia subita? Col rischio di tornare nel paese da cui è fuggita? E il vero criminale godrà di tutte le tutele che la legge garantisce a chi è accusato di qualche reato. Un paese così non è un paese civile. Mi vergogno di questo e chiedo a scusa a nome del mio paese ad Adama per la doppia violenza che – per colpa del nostro egoismo – ha dovuto patire.

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