10 novembre 2011

Saldi di fine governo





Sarà l’età, ma divento sempre più diffidente. L’operazione della “dismissione” dei terreni agricoli – si parla di un valore di sei miliardi di euro – mi preoccupa molto. Intanto perché queste operazioni di cassa sul modello di “pochi, maledetti e subito” attraverso la rinuncia al proprio patrimonio, ha tutta l’aria di un’operazione disperata, tipica di chi ha gestito i propri beni in modo irresponsabile e dissoluto. Non si tratta della svendita dell’argenteria di famiglia, a cui si può pensare di fare ricorso in un momento di estrema difficoltà. Perché l’argenteria ha un valore economico, ma non sostanziale. Fa parte del superfluo e, quando le cose non vanno benissimo, al superfluo si può – e si deve - rinunciare. La terra, invece, costituisce un valore essenziale. E la terra agricola rappresenta una piccola garanzia per noi, per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. Tra le righe della norma che consente la dismissione dei terreni agricoli io leggo rischi enormi di speculazione. Da un lato il meccanismo della vendita diretta per i terreni al di sotto dei 400mila euro potrebbe agevolare operazioni non esattamente limpide. Dall’altro si esplicita tranquillamente la possibilità che quei terreni possano cambiare la propria destinazione urbanistica. Probabilmente qualcuno avrà già individuato quelli dove si può speculare meglio, magari con l’aiuto di amministrazioni compiacenti, che non è mai troppo difficile trovare. A dirlo adesso si rischia di essere tacciati per i soliti malpensanti dietrologi, sempre pronti a fare i processi alle intenzioni. Ora bisogna risanare i conti pubblici e non c’è tempo per preoccuparsi di ingiustificati sospetti. Eppure, proprio in questi drammatici giorni in cui le nostre città sono state flagellate dal maltempo, da molte autorevoli voci si è alzato il monito sull’eccessivo consumo di suolo, sull’abbandono dell’agricoltura (che non si risolve con speculazioni immobiliari) e sulle conseguenze di un cattivo governo del territorio sul rischio idrogeologico. Niente da fare. Bisogna fare cassa in fretta e non possiamo certo mettere le mani sugli stratosferici investimenti nel settore militare. Perché penalizzare il business degli armamenti, quando possiamo dare nuova linfa a quello del cemento?

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