Il commento del nostro premier
alla seconda tragedia che, nel giro di pochi giorni, ha colpito la Liguria e il
paese intero – se per qualcuno vale ancora un minimo di senso di solidarietà di
una nazione – è francamente disarmante: è successo perché hanno costruito dove
non si doveva. Sarebbe anche una
discreta sintesi, se ad esprimerla fosse stato un qualunque cittadino dotato
semplicemente di un minimo di buonsenso. Tra le concause che determinano eventi
come quelli appena registrati c’è, indubbiamente, l’inadeguatezza delle scelte
di pianificazione urbanistica e di governo del territorio. E costruire troppo,
male e in zone a rischio idrogeologico (per tacere di quello sismico) significa
aumentare i fattori di rischio. Quello che sconcerta, quello che spaventa,
quello che indigna profondamente è che a pronunciare queste parole sia stato il
principale artefice della deregulation urbanistica in un paese che già – per
cultura e vocazione – non è particolarmente incline a seguire regole che
vengono spesso giudicate troppo rigide. E quanto entusiasmo aveva suscitato
questo sorridente omuncolo che ha fatto della semplificazione – delle
procedure, della regole, del linguaggio – la sua arma vincente. Non a caso sono
passati senza troppi problemi due condoni edilizi nel giro di dieci anni, a cui
si sono aggiunti, per completare il quadro, il progressivo allentamento delle
norme in materia urbanistica e l’approvazione del “piano casa”, un’altra
meravigliosa perla di disprezzo verso le regole della civile convivenza, salutata
con irritante entusiasmo da molte amministrazioni regionali (che, in qualche
caso, sono riuscite a peggiorarne l’impianto). E adesso, proprio dal suo pulpito,
arriva il rimprovero sul mancato rispetto delle regole nello sviluppo edilizio.
Una considerazione come un’altra, quasi ovvia. Banale, se vogliamo. La banalità
del male. Un male che ci ha colpito 17 anni fa e dal quale ancora non siamo
riusciti a guarire.
Nessun commento:
Posta un commento