30 marzo 2011

Mozione "No al nucleare"




Gruppo Consiliare Cambiare e Vivere Labico 
Mozione
Il Consiglio comunale di Labico, premesso che:

  • il fabbisogno energetico dell’Italia è attualmente assicurato da fonti tradizionali e da una quota crescente di fonti rinnovabili, in particolare nel settore eolico e fotovoltaico, il cui valore percentuale complessivo è passato dal 16,5% del 2008 al 20,8% del 2009; il 13,6% del fabbisogno è coperto con il saldo tra energia importata ed energia esportata;
  • il quadro complessivo della tipologia di fonte di produzione risente in primo luogo della scelta con cui, l’8 novembre 1987, l’Italia si è espressa, attraverso un referendum, per rinunciare al ricorso dell’energia nucleare, giudicata troppo pericolosa;
  • negli anni scorsi si è registrata l’esigenza di incentivare sia la produzione di energie rinnovabili, sia gli interventi di risparmio e di efficientamento energetico, anche alla luce delle problematiche legate ai cambiamenti climatici ed alla necessità di rispettare gli accordi e le convenzioni internazionali sottoscritte, in base alle quali il nostro Paese si è impegnato a ridurre sensibilmente le emissioni di gas climalteranti;
  • in particolar modo con le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 sono state avviate importanti azioni per un più corretto orientamento della politica energetica del nostro Paese;
  • in controtendenza con l’orientamento appena assunto, il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99 in materia di sviluppo economico, la quale, agli articoli 25 e seguenti, avvia il ritorno del nucleare in Italia, demandando ad un successivo provvedimento del Governo l’individuazione delle località in cui si intendono insediare le centrali nucleari in Italia;
  • la delicatezza della scelta dei siti e l’indeterminatezza che caratterizza l’azione di Governo hanno portato all’emanazione di un primo decreto legislativo per la localizzazione e realizzazione degli impianti nucleari, al quale ne è seguito un secondo contenente modifiche ed integrazioni, ma senza una vera e propria individuazione dei siti;
  • ad aumentare il quadro di incertezza si è aggiunto il drammatico evento calamitoso dell’11 marzo scorso – sisma e tsunami -  che ha colpito il Giappone, danneggiando gravemente la centrale nucleare di Fukushima, con preoccupanti conseguenze per la salute e per l’ambiente;
  • l’allarme sui possibili pericoli e sul rischio di una catastrofe sono ancora molto alti e solo nei prossimi mesi sarà possibile avere maggiori informazioni sulle reali conseguenze dei problemi verificatisi nei reattori della centrale;
  • la decisione, assunta dal Governo, di tornare all’energia nucleare non sembra essere basata su una sufficientemente attenta analisi costi-benefici, che tenga conto dei rischi ambientali e sanitari dell’opzione atomica; basti pensare che il costo di decomissioning degli impianti attualmente presenti in Italia è valutato in circa 4 miliardi di euro, con esclusione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti;
  • al momento non è stato ancora individuato neppure il sito dove stoccare le scorie che provengono da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie, dall’attività di smantellamento delle vecchie centrali e dalle attività delle nuove centrali; soltanto entro il 2015 si prevede l’effettiva individuazione dell’area che ospiterà il deposito nazionale, la cui costruzione è prevista entro i cinque anni successivi (2020);
  • nel frattempo in Europa e nel mondo si sta avviando un serio ripensamento delle strategie di produzione dell’energia e la Germania ha già deciso il progressivo smantellamento dell’intero parco di centrali nucleari presenti sul proprio territorio;
  • l’Italia conserva ancora oltre 23.000 metri cubi di materiale radioattivo proveniente dalle vecchie centrali disattivate;
  • in Italia non si è ancora riusciti ad individuare e a realizzare il sito unico per lo stoccaggio sicuro e definitivo delle scorie radioattive, prodotte in quantità di gran lunga minore rispetto a quelle che si avrebbero con la realizzazione delle centrali nucleari;
  • l’energia nucleare soddisfa solo una percentuale ridotta del fabbisogno energetico mondiale: il 6% dell’energia commerciale nell’Unione Europea e circa il 2% nel resto del mondo;
  • l’energia nucleare non riduce la dipendenza dell’Unione Europea dall’importazione di energia, poiché tutto l’uranio necessario alla fabbricazione del combustibile nucleare deve essere importato;
  • secondo le previsioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia le riserve di uranio a livello planetario sarebbero esauribili nel giro di soli cinquant'anni, addirittura la metà qualora Cina e India portassero avanti il piano nucleare già annunciato;
  • molte regioni italiane hanno già espresso la loro contrarietà alla localizzazione di centrali nel proprio territorio, tenendo conto che fattori come la forte antropizzazione e la presenza di oggettivi elementi di rischio da calamità naturali rendono poco agevole l’individuazione di siti che possano essere considerati ragionevolmente sicuri;
  • la Regione Lazio ha adottato, il 4 luglio 2008, lo schema del nuovo piano energetico regionale, il quale stabilisce due importanti obiettivi generali: contribuire agli obiettivi UE al 2020 in tema di produzione da fonti rinnovabili, riduzione dei consumi energetici e riduzione della CO2 per contenere gli effetti dei cambiamenti climatici; favorire lo sviluppo economico senza aumentare indiscriminatamente la crescita dei consumi di energia;
  • tra gli obiettivi strategici del piano energetico della Regione Lazio si segnala, in particolare, l’impegno a: stabilizzare i consumi regionali di energia finale al 2020 ai livelli attuali; aumentare considerevolmente la produzione di energia da fonti rinnovabili; favorire lo sviluppo economico e l'occupazione, in particolare lo sviluppo dell'industria regionale delle fonti rinnovabili e dell'uso efficiente dell'energia;
  • il piano della Regione Lazio prevede inoltre la definizione di nuove linee guida per i regolamenti edilizi comunali, con l'introduzione sia di parametri cogenti sia di misure incentivanti per l'efficienza energetica e l'utilizzo del solare termico e fotovoltaico per le nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni, mentre, nel settore civile, particolare rilievo si attribuisce alla definizione dei criteri regionali per la certificazione energetica degli edifici;
  • in sostanza la Regione Lazio, anche per le affermazione della Presidente Polverini, sembra voler intraprendere una strada ben diversa dal ricorso all’energia nucleare e, coerentemente, vuole avviare politiche di incentivazione della diffusione di fonti rinnovabili e per il risparmio energetico, chiudendo così la porta ad ogni possibile delocalizzazione di centrali nucleari nel territorio regionale;
  • l’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) ha calcolato che l’esplosione del reattore nucleare n°4 della centrale di Chernobyl, nel 1986, ha prodotto un livello di radioattività 200 volte superiore a quello dell’effetto combinato delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki;
  • la probabilità che si verifichino problemi di sicurezza nelle centrali nucleari è tutt’altro che remota, coma dimostra la lunghissima serie di incidenti registrati negli ultimi anni: solo nel 2007 si sono verificati 942 “incidenti minori”, ossia con un livello INES –la scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (International Nuclear and radiological Event Scale) sviluppata dall'AIEA, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, con lo scopo di classificare incidenti nucleari e radiologici – inferiore a 4;
  • dal 1969 ad oggi si sono verificati ben 9 incidenti di elevata gravità (dal 4° al 7° livello della scala INES), le cui conseguenze sono tali da causare gravi danni alla salute delle persone e compromettere la vivibilità delle aree in prossimità della centrale, anche per lunghissimo tempo;
  • oltre agli enormi rischi legati a problemi di malfunzionamento, le centrali nucleari risultano pericolose anche nelle normali condizioni di esercizio: uno studio del governo tedesco ha dimostrato come vi siano aumenti di incidenza di leucemie, in particolare nei bambini (aumento del 60% dell’incidenza di tumori e lucemie), e tumori vicino le sedici centrali nucleari del paese, anche a distanza di 20-30 chilometri dagli impianti; un altro studio effettuato in Romania ha evidenziato una inquietante presenza di trizio (isotopo radioattivo che si forma durante il funzionamento delle centrali) nel latte, con imprevedibili conseguenze sulla salute;
·         altri studi, realizzati in Spagna (Department of sanitary and socio-medical sciens dell'universita' Alcala' di Madrid), Germania (Bundesamtes fyr Strahlenschutz) e Inghilterra (Icfr cancer epidemiology and clinical trials unit di Oxford), hanno dimostrato che chi vive nelle vicinanze di centrali atomiche e' sottoposto a un maggior rischio di ammalarsi di cancro;
  • la produzione di energia elettrica da fonti nucleari, come evidenziato dal Massachussets Institute of Technology (MIT), risulta essere meno conveniente di altre fonti; dal 2003 i costi di costruzione per tutti i tipi di progetti di ingegneria a grande scala sono cresciuti; i costi stimati per la costruzione di un impianto nucleare sono cresciuti al tasso del 15% all’anno, sino all’attuale crisi economica;
  • uno studio di Moody’s, la celebre agenzia internazionale di rating finanziario, è giunto a conclusioni analoghe a quelle della prestigiosa università di ricerca statunitense; secondo lo studio il costo e la complessità di costruzione di un nuovo impianto nucleare può indebolire i parametri finanziari di un’impresa elettrica, e porre sotto pressione il suo rating per parecchi anni, portandolo ad un deterioramento compreso tra il 25 e il 30 per cento, rendendo di fatto più elevati gli oneri di remunerazione del capitale investito, rispetto ad altre infrastrutture per la produzione di energia, meno rischiose e più remunerative;
  • secondo lo studio di Moody’s, che ha preso in considerazione tutti i costi, fissi, variabili, gli oneri finanziari, gli ammortamenti differenziati per la diversa durata degli impianti il prezzo medio delle singole fonti energetiche (dollari per megawattora) risulta il seguente: 120 per il gas, 125 per l’eolico e 151 per il nucleare; in sostanza, a pari redditività, il prezzo medio dell’energia nucleare risulta più costoso non solo di gas (+26%) ma anche dell’eolico (+21%); lo studio non tiene ovviamente conto delle particolari caratteristiche del nostro paese, che inciderebbero sensibilmente sui costi effettivi dell’energia prodotta con l’atomo;
  • in sintesi allo stato attuale il rilancio del nucleare rappresenterebbe un inconcepibile dispendio di risorse economiche, a basso tasso occupazionale, soprattutto nel lungo termine, privo dei necessari requisiti di sicurezza intrinseca, mentre nei tempi ragionevolmente necessari per la sua effettiva entrata in esercizio sarebbe possibile avviare una vera svolta energetica basata sulle fonti rinnovabili e sull’efficientamento ed il risparmio energetico;

invita il Governo e il Parlamento italiano
  • a proseguire, coerentemente con gli impegni assunti a livello europeo ed internazionale, una politica energetica, avviata nel 2006, che incentivi lo sviluppo delle fonti rinnovabili e che punti al raggiungimento dell’obiettivo del cosiddetto pacchetto clima-energia, volto, entro 2020, a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, a portare al 20% il risparmio energetico e ad aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili;
  • a rinunciare definitivamente all’opzione nucleare nell’intero territorio italiano e a promuovere, a livello nazionale ed internazionale, iniziative finalizzate alla ricerca sulla produzione di energia “sostenibile”, al fine di ridurre progressivamente la dipendenza dai combustibili fossili;

dichiara che il territorio del comune di Labico non è disponibile ad ospitare né impianti per la produzione di energia nucleare, né siti per il trattamento, lo stoccaggio o lo smaltimento di scorie e rifiuti radioattivi;

impegna il sindaco e la giunta:
  • a promuovere il referendum con cui si chiede di abbandonare ogni proposito di ritornare alla produzione di energia nucleare nel nostro Paese;
  • a dichiarare la città di Labico “comune denuclearizzato” e predisporre la collocazione, all’ingresso del paese, di cartelli stradali recanti la scritta “comune denuclearizzato”;
  • a promuovere, compatibilmente con la normativa ed i regolamenti in materia urbanistica ed ambientale, l’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica;
  • ad avviare politiche locali di risparmio ed efficientamento energetico al fine di contribuire ad attuare il Piano energetico regionale, ridurre il fabbisogno complessivo di energia elettrica e rendere ancor più irrazionale il progetto di ritorno al nucleare, in controtendenza con quanto sta avvenendo in Europa e nel Mondo.




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