30 agosto 2010

La realtà dei fatti, ché a volte resta nascosta


Ci sono almeno due strade per fare informazione (e disinformazione). Una è quella della chiarezza, della trasparenza, dell’assunzione di responsabilità. Ed è quella che abbiamo intrapreso noi sin dall’inizio della consiliatura. Affidiamo il nostro pensiero ad affermazioni pubbliche (nelle iniziative, nei consigli comunali, coi comunicati stampa, sul nostro giornale, nei siti e nei blog). L’altra strada è quella del passaparola. Delle mezze frasi. Delle allusioni. Delle chiacchiere. Ora, non è chiaro quale strada perseguano i nostri amministratori, che dicono poco e niente in consiglio comunale, non hanno un proprio giornale (non fa testo “notizie dal comune”, l’organo istituzionale con cui fanno propaganda, ma la cui frequenza triennale lo rende poco credibile) e tendono il più possibile a rimanere nell’ombra. Sappiamo però che la seconda strada è comunque molto battuta, visto che arrivano anche alle nostre orecchie “notizie”, fatte girare ad arte da qualche nostro zelante detrattore, difficili da smentire, proprio perché prive di fonte, di ufficialità, di concretezza, ma che producono – in tutta probabilità – l’effetto denigratorio voluto.
Faccio un esempio tangibile. Proprio mentre molti di noi erano in vacanza, è stata avviata un’operazione di controllo che ha portato alla chiusura dei due “porchettari”. Non conosco con esattezza i termini della questione. Non so sulla base di quali violazioni di legge siano state disposte le misure, né da dove sia partita l’iniziativa. Quando l’ho saputo, ho semplicemente preso atto, auspicando personalmente una positiva conclusione della vicenda, sperando che le irregolarità riscontrate non fossero troppo gravi. Al mio ritorno dalle vacanze però qualcuno mi ha posto una semplice domanda: “E’ vero che avete fatto chiudere i porchettari?”. Trasalgo. “Cosa avremmo fatto?”. “Sì, sì, i porchettari”. “Li hanno fatti chiudere e si dice che sia stata l’opposizione”. “Chi lo dice?”. “Gira la voce”.
Ecco questa si chiama cattiva informazione. La più perniciosa. Perché non è contestabile se non con il diretto interlocutore. Ma, intanto, la stessa voce sta girando di bocca in bocca e non si sa chi ne sia la fonte. E’ come un virus. Difficile da fermare, difficile da controllare. Proviamo allora ad affrontare questa nuova pandemia, spiegando – ancora una volta – che bisogna diffidare di chi non ha il coraggio di fare affermazioni in prima persona, assumendosi la responsabilità di quello che dice. Se c’è qualcuno che è convinto che noi “abbiamo fatto chiudere i porchettari”, abbia il coraggio di dirlo pubblicamente, magari in mia presenza. Personalmente non amo diffusa cultura che attribuisce alla “delazione” un disvalore maggiore del mancato rispetto delle leggi (è la stessa cultura delle organizzazioni criminali), ma vorrei che fosse chiaro che il nostro compito non è quello di andare in giro a fare controlli. Questo è un lavoro dei vigili urbani e delle forze dell’ordine e ogni cittadino che ritiene vi sia una violazione di legge ha il diritto/dovere di segnalare il caso alle autorità, che, a loro volta, hanno il dovere di sanzionare l’illecito. Questo in uno stato di diritto. Noi, come opposizione, cerchiamo di occuparci delle questioni che riguardano l’interesse della collettività.
Colgo l’occasione per tornare all’unico caso in cui una nostra segnalazione diede vita a forti polemiche. Mi riferisco ad un’attività, definita “insalubre” dalla nostra normativa, che si svolgeva nel nostro centro storico. Avevamo chiesto al sindaco di farsi carico della situazione e di trovare una soluzione con gli interessati per far spostare l’attività in un luogo più adatto, dando eventualmente il tempo necessario. Niente da fare. Quando è intervenuta l’ASL non ha potuto fare altro che riscontrare l’assenza delle condizioni di sicurezza sanitaria e ha intimato la chiusura dell’attività. Un’altra amministrazione si sarebbe fatta carico del problema “prima” e non avrebbe lasciato trascorrere tanti anni in una situazione di ambiguità e incertezza, per poi scaricare sull’opposizione la “colpa” della chiusura. Per completezza di informazione credo sia utile dire chi aveva – ben prima di noi – vietato lo svolgimento dell’attività all’aperto: l’allora sindaco Alfredo Galli, con propria ordinanza, nel lontano 2003. Un modo davvero poco elegante per scaricare le proprie responsabilità, mantenere il consenso e lasciare che siano gli altri a passare i guai.

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