15 luglio 2009

Il grande sonno labicano

Uno degli elementi fondanti del “sistema” adottato dagli amministratori labicani è la politica del silenzio. Non si deve sapere nulla, non si deve parlare di nulla. Bisogna ridurre al minimo (purtroppo per loro la legge qualche obbligo lo prevede) l’informazione sull’attività amministrativa. Bisogna addormentare il dibattito politico. E i consigli comunali? Quelli sono un bel problema. Sono un’occasione di confronto con l’opposizione e – nonostante la calcolata scelta di collocarne lo svolgimento in giorni e orari in cui la gente normale lavora – qualche malcapitato cittadino potrebbe finanche assistervi, potendo così toccare con mano l’insipienza di coloro ai quali è stata affidata la gestione della cosa pubblica. L’unica soluzione è non farli. Teoricamente però il Sindaco sarebbe tenuto a rispondere alle interrogazioni presentate dai consiglieri. Invece quella che – agli occhi ingenui di persone abituate al rispetto delle regole e delle istituzioni – potrebbe sembrare una buona ragione per convocare il consiglio diventa un’ottima ragione per non convocarlo affatto. Le interrogazioni infatti contengono quesiti imbarazzanti ai quali al massimo sono in grado di rispondere per iscritto con poche righe in cui non si dice assolutamente nulla, ma è assolutamente da evitare l’idea di presentarsi in una seduta pubblica a cercare maldestramente di sostenere le ragioni di quel nulla. Poi, magari, qualcuno proverà a raccontare la favoletta dell’impossibilità di rispondere alle interrogazioni perché “non c’è tempo” o per colpa dell’”ostruzionismo dell’opposizione”. Sciocchezze. L’ordine del giorno dell’ultimo consiglio comunale conteneva appena tre punti e da un mese siamo completamente fermi, nonostante l’accordo preso nella riunione dei capigruppo di convocare il consiglio il 3 luglio. Da allora nessuna notizia da parte degli amministratori.
Eppure le questioni da affrontare sarebbero molte e importanti. Ad esempio dopo oltre un anno di consigli comunali convocati con una frequenza inusuale (praticamente una media di due consigli al mese, nonostante una pausa “forzata” di due mesi e mezzo per consentire il più ampio possibile dispiegamento di forze a beneficio della candidatura del vicesindaco alle provinciali) per esaminare le 161 osservazioni alla variante al P.R.G. ecco cadere un improvviso silenzio. Noi abbiamo chiesto di darci numeri, dati, cartografia, aggiornamento delle norme tecniche. Nulla. Non si sa nulla. Eppure ci dovrebbe essere un nuovo passaggio in consiglio prima di inviare tutto alla Regione. Niente. Vuoto pneumatico e nessuna risposta. Dell’appalto mensa neppure parlarne. Proprio non è nelle loro corde l’ipotesi di muoversi in modo trasparente e di portare i documenti in commissione per una valutazione più approfondita. Noi, ad esempio, avremmo proposto di coinvolgere quei genitori che – per competenza ed esperienza – erano stati individuati per vigilare sulla qualità del servizio. Avremmo voluto un’amministrazione che collaborasse con la cittadinanza e la informasse delle proprie scelte. Invece hanno preferito chiudersi nelle loro stanze e gestire un appalto pubblico come se fosse qualcosa di personale. Poi, a fronte della mia pubblica censura di questo comportamento, arriva la risposta “piccata” del vicesindaco (ormai autopromosso titolare della sovranità locale a tutti gli effetti) che si mette a dare lezioni di diritto amministrativo. C’è sempre da imparare e prometto che non perderò neppure uno dei suoi seminari. Sempre a proposito del vicesindaco abbiamo scoperto una palese irregolarità nel permesso di costruire, che quando era sindaco, aveva dato a sé stesso in piena violazione della normativa regionale vigente. Ovviamente prima di dare un giudizio definitivo sulla vicenda avremmo piacere di avere qualche spiegazione e per questo abbiamo presentato un’interrogazione al sindaco (formale), che attualmente ha l’interim sull’urbanistica e che all’epoca dei fatti era assessore all’urbanistica. I bookmaker non prendono neppure in considerazione la possibilità che qualcuno si prenda la briga di risponderci. La vicenda non è l’unica ovviamente e molte altre sono le questioni su cui gradiremmo avere qualche spiegazione da parte di chi amministra. Sempre il vicesindaco si è preso la libertà – ancora una volta nelle vesti di primo cittadino – di aggirare sfacciatamente la normativa sugli appalti per realizzare opere di manutenzione stradale che mai si era sognato di considerare durante il mandato e che, guarda caso, a poche settimane dalle elezioni diventavano improvvisamente urgenti ed indifferibili. O ancora, nuovamente con il placet del principe del diritto amministrativo, si affidavano i lavori di restauro del campanile della chiesa in violazione della normativa sugli appalti. Ci piacerebbe anche sapere che fine ha fatto la strada che attraversa la proprietà del sindaco nonché l’atto di permuta che era stato portato con urgenza in consiglio comunale il 6 febbraio e di cui – a cinque mesi di distanza – non si è più avuto notizia. Per non parlare della farsa delle elezioni dell’assessore, che si è dimesso il 19 maggio, ma il cui nome compare ancora nella composizione della giunta. Un’irregolarità amministrativa? Niente affatto replica convintamente il segretario comunale, ormai assuefatto all’idea che Labico sia una zona franca dell’ordinamento giuridico italiano, le dimissioni dell’assessore godono di una disciplina ad hoc e quindi – aggiungo io - l’assessore rimane in carica (e si becca lo stipendio) anche se passa l’estate da dimissionario alle Maldive. Del resto bisogna capirlo: che ci si rimane a fare a Labico se il consiglio non si riunisce e il programma dell’estate labicana è quello che è?

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