23 luglio 2009

I Verdi si sono persi

Articolo pubblicato su Terra

7 luglio 2009. Regione Lazio. Sede del Consiglio regionale, via della Pisana milletrecento e spicci. Temperatura effettiva 37 gradi all’ombra. Temperatura percepita: al limite dello squagliamento. Uno sparuto gruppetto di cittadini manifesta la propria contrarietà al corridoio tirrenico e alla bretella Cisterna - Valmontone. Verdi presenti: praticamente nessuno. Viene da chiedersi perché. La bretella è un’opera inserita nella celeberrima “legge-obiettivo”, fortemente criticata non solo dagli ambientalisti e dalla “sinistra”, ma anche dalla più ampia e variegata coalizione che all’epoca sedeva sui banchi dell’opposizione. Non si tratta di una semplice opera pubblica, sul cui merito, utilità e specificità si può dibattere. Si tratta di un principio.

Dell’affermazione di un modello - trasportistico, produttivo, di sviluppo, di consumo del territorio, culturale - ben preciso. Un modello che è fortemente avversato dalla visione ecologista e ambientalista e che, fino a qualche anno fa, veniva contrastato anche dai Verdi e da larga parte della sinistra. Fino a qualche anno fa, appunto, non molto in termini di tempo ma un’era geologica in termini politici. Negli ultimi quindici mesi, infatti, sono cambiate molte cose e non serve dilungarsi sull’evento politicamente più significativo: la pressoché totale scomparsa dalle istituzioni di eletti Verdi.

Questo comporta un quadro anomalo, con un partito ancora formalmente attivo ma che appare quantomeno frastornato e che comunque dedica le proprie energie quasi esclusivamente alle strategie per riconquistare una propria rappresentanza istituzionale. Il problema sta tutto o comunque molto - dentro questa parola: rappresentanza. Rappresentanza non può, infatti, essere considerata la semplice indicazione delle persone cui affidare un ruolo elettivo “quale che sia”, ma deve - per l’appunto - essere una rappresentanza di tipo “politico”. Ossia l’eletto deve (dovrebbe) essere portatore di quella visione, strategia e “cultura” di cui il partito dichiara di farsi interprete.

E qual è questa cultura per i Verdi o, in caso di allargamento degli orizzonti, di Sinistra e libertà? è (o dovrebbe essere) una cultura che prevede una profonda riforma del sistema economico e produttivo. Il legame tra economia ed ecologia è stato in più occasioni il tema della nostra azione politica e abbiamo fatto convegni, elaborato documenti, formulato proposte molto serie e concrete. Si parte dalla consapevolezza che il fabbisogno di risorse di cui necessitano i Paesi più sviluppati non può né estendersi all’intero pianeta, né durare ancora per molto. è dunque necessario ripensare il sistema. Convertire la produzione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili. Ridurre e razionalizzare i consumi e ridurre la produzione di rifiuti.

Evitare le produzioni alimentari ad alto consumo di suolo e di risorse idriche. Passare alla filiera corta della stragrande maggioranza dei comparti produttivi. Tutelare e valorizzare le zone agricole. E, soprattutto, ci vuole coerenza tra l’affermazione teorica di questo modello e l’agire politico. Una coerenza che è venuta clamorosamente a mancare nell’approvazione di un’opera pubblica che sposa perfettamente il modello produttivo sviluppista e cancella ettari di quell’agro romano che - a parole - si dice di voler tutelare.

Nel Lazio si sta assistendo a un consumo di territorio drammaticamente preoccupante e chi amministra la Regione, anziché arginare un fenomeno che rischia di compromettere irrimediabilmente l’identità territoriale, oltre ad approvare opere infrastrutturali devastanti prepara anche un “piano casa” decisamente filoberlusconiano che aggraverà ulteriormente la situazione. Il tutto senza pensare minimamente alle conseguenze sulla mobilità di uno sviluppo sempre più dispersivo e incoerente degli abitati e degli ambiti produttivi, promuovendo, di fatto, la forma di mobilità più aggressiva e dannosa: quella su gomma. Tutto questo però sembra sia stato cancellato dal dibattito all’interno dei Verdi, troppo presi a cercare una collocazione politica al proprio involucro per ricordarsi cosa c’era dentro.

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